Tecno-populismo. Il paradosso della politica pop.

I populisti scelgono sempre bene i propri avversari, soprattutto perché ne hanno sempre bisogno.

L’ormai fronte mondiale del dilagante populismo, esploso con l’elezione di ciuffo biondo Trump, non è allineato fra Stati Uniti e resto del mondo. Il nemico conteso? La Silicon Valley. I servizi della Silicon Valley sono stati una manna per i populisti, ampliando il loro pubblico e permettendogli di rivolgersi ai potenziali elettori con messaggi personalizzati, come ha dimostrato lo scandalo Cambridge Analytica.

Oggi nuovi partiti di destra come lo spagnolo Vox sono consapevoli della priorità delle loro battaglie digitali, e infatti Vox, è già il primo partito in Spagna per numero di follower su Instagram. Per i populisti la Silicon Valley è lo strumento per sfuggire all’egemonia dell’establishment di casa loro, radicato nei mezzi d’informazione, nelle università e nei poteri dello Stato.

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Per la destra statunitense invece la Silicon Valley è un’accozzaglia di avidi capitalisti e “marxisti culturali” ansiosi di indottrinare gli utenti con idee di sinistra. Steve Bannon e Brad Parscale (responsabili per il digitale della campagna elettorale di Trump nel 2016) hanno dichiarato che “i mostri tecnologici come Google e Facebook sono diventati degli incubatoi delle ideologie di estrema sinistra”.

Il contrasto si nota facile, vedendo un video girato durante l’insediamento del nuovo presidente brasiliano, Bolsonaro, in cui una folla di sostenitori urla in coro “WhatsApp!” “Facebook!” Non è un caso isolato. L’anno scorso, il nostro ministrone Salvini, non ancora stregato dal fascino della divisa compulsivo, dichiarava che le élite non avrebbero più indottrinato l’opinione pubblica, concludendo il messaggio con un: “Viva Facebook!” Sempre in Italia, il M5S ha preso fortunatamente le distanza da personaggi come Bannon e Bolsonaro, ma, essendo un partito fondato da un blogger e che tanto decanta la “democrazia diretta” del sistema Rousseau, non può che schierarsi con le aziende tecnologiche e imitare la loro retorica dell’innovazione radicale, promettendo di trasformare l’Italia in una Smart Nation.

A meno di una rottura con gli USA, è improbabile che i populisti europei cambino opinione sulla Silicon Valley. Continueranno ad accumulare capitale politico accusando gli avversari politici di voler imbavagliare le piattaforme digitali per censurarli.

Tutto questo è un enorme paradosso all’interno del populismo mondiale, (oltre al nazionalismo, perché poi mi spiegate come fanno ad essere alleati se poi per forza di cose un nazionalista pensa solo al suo orticello) che i progressisti dovrebbero sfruttare chiedendo risposte.

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La risposta non credo arriverà, perchè la destra populista non ha una reale consapevolezza né dell’economia globale né del ruolo delle aziende in questo sistema. Non ci resta che attendere la fine del mandato da ministro di Salvini? Al massimo dovremmo solo continuare a tenercelo come foodblogger giusto?

Occhio a gente che ciancia di patriottismo, di difesa della bandiera, di identità nazionale. Perché buonisti un cazzo. Buoni, semmai. Non perfetti, non santi, non intangibili. Ma buoni. O, se preferite, migliori. Ci vuole poco ad essere migliori di un fascio.

 

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